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Infermiera

Mi chiedo cosa si dica ai familiari di una persona che sta morendo

di Redazione

Prima c'era una vita che andava avanti nonostante la malattia. Ora è quasi finita. Mi domando cosa si dica ai familiari di una persona che sta morendo, ma non è ancora morta. Condoglianze è troppo presto. Mi viene in mente un "auguri per tutto", ma scappo e faccio solo un cenno di saluto. Io forse mi dimenticherò la loro faccia, ma loro probabilmente si ricorderanno la mia per sempre.

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Commenti (2)

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PICCOLI GESTI

#2

Sono un'infermiera, per qualche anno ho lavorato nelle rianimazione. Ho iniziato il mio percorso professionale in terapia intensiva pediatrica, di bambini andarsene ne ho visti troppi, non ci si abitua mai, e per fortuna. All'inizio quando mi trovavo assieme a quei genitori mentre dicevano addio al loro bambino, cercavo sempre di non incrociare il loro sguardo, perché sapevo avrebbero letto nel mio il senso di impotenza e di totale smarrimento. Mi ricordo che all'inizio avrei voluto piangere con loro. Con il tempo il mio approccio è cambiato, alcuni genitori li abbracciavo, altri li ascoltavo mentre si disperavano, altri ancora li lasciavo nella loro intimità con il loro bambino in braccio. Sono i parenti stessi che qualche volta te lo fanno capire come comportarti, sono i colleghi più "anziani" a guidarti con la loro esperienza. Non so se esista una cosa da dire, un modo giusto di comportarsi... Avvolte quello che sembra ok per noi, non va bene per loro. Ma sono momenti così delicati che basta un niente per mandarli in frantumi. Chissà se un giorno imparerò davvero cosa è giusto fare o dire, intanto come tutti ogni giorno i proviamo.

Rita P.

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Come la capisco...

#1

Io sono una o.s.s, e comunque anche prima lavoravo come o.s.a., e ancora prima da semplice assistente. Ho fatto un percorso di studi molto ampio e vario, nonostante non mi sono mai voluta laureare. Sono un Tecnico dei servizi sociali, ho lottato tanto per ottenere questo diploma e andare dietro alla mia vera passione, l'assistenza ai più bisognosi, agli svantaggiati, ai malati,e quindi ai morenti e alle loro famiglie. Super formate e addestrate all'empatia da psicologhe, psichiatri, geriatri, etc.. "I pazienti non sono i vostri padri, le vostre madri, sorelle, parenti, etc.. Finito il vostro turno dovete uscire in punta di piedi dalle loro vite, così come ne siete entrate... Etc...". Ma io non sono una macchina, ho anche dei sentimenti, certo lo so, è un lavoro duro elaborare già i propri lutti, pensa se dovessimo elaborare anche quelli di tutti i nostri pazienti che ogni giorno muoiono... Ma è difficile. Solo qualche giorno fa ho dovuto accompagnare un paziente e la sua famiglia al traguardo peggiore... Non tutti i pazienti poi sono uguali, a volte ci si affeziona pure. E come fai a seguire tutta la deontologia del mondo, tutto va a farsi benedire in quel momento. Si resta inerme e conforti la famiglia con mille parole di affetto che ti vengono dal cuore. Il nostro lavoro è anche questo. E i nostri familiari, e la gente che non sa cosa viviamo e vediamo ogni giorno, non potrà mai capire!