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Ecografia infermieristica: gli infermieri sono davvero formati?

di Mauro Salvato

Ormai non è inusuale vedere, tra le corsie degli ospedali, gli infermieri destreggiarsi con una sonda ecografica. Il fine non è certamente diagnostico, bensì operativo o interventistico.

A sfruttare gli ultrasuoni, quindi, non solo medici, ma anche altre figure professionali sanitarie

accesso-venoso-periferico-ecoguidato

In triage, infatti, i pazienti che arrivano in Pronto Soccorso per dispnea possono avere la giusta priorità assistenziale grazie anche all’uso dell’ecografo. In un pronto soccorso sempre più affollato identificare nel più breve tempo possibile il percorso diagnostico-terapeutico risulta essere un’arma vincente ai fini prognostici, e con l’ecografia toracica in triage, l’infermiere riesce a valutare se ha di fronte un polmone edematoso (definito wet) o non edematoso (definito dry). I soggetti con polmoni wet rientrano con gran probabilità tra quelli con scompenso cardiaco, mentre i soggetti con polmoni dry tra quelli con bronco-pneuompatia o embolia. L’applicazione dell’ecografia toracica risulta essere, quindi, un’attività non invasiva, rapida, efficace ed economica al servizio dell’infermiere sia per l’assegnazione del codice colore, sia soprattutto per l’attribuzione dell’area più appropriata di trattamento.

Due domande sorgono spontanee: in quante postazioni di triage esiste un ecografo dedicato? Quanti infermieri possiedono conoscenze appropriate per poterlo utilizzare?

Anche per quanto riguarda le procedure vascolari i nostri ultrasuoni possono essere d’aiuto agli operatori che li utilizzano per non incorrere in un approccio cieco (tecnicamente blind) soprattutto per quella tipologia di pazienti con scarso patrimonio venoso. I vantaggi sono molteplici: riduzione di tentativi infruttuosi, di frustrazione dell’operatore, di complicanze immediate e di mal posizionamenti. In questo modo riusciamo a tutelare maggiormente quella classe di pazienti detti “fragili”come i neoplastici e gli anziani. Anche qui l’infermiere può, in assoluta autonomia, destreggiarsi nel reperire accessi venosi periferici in un approccio eco-assistito migliorando di gran lunga l’assistenza al paziente. Di recente sono a disposizione cateteri venosi (di lunghezza di 50-60 cm) inseribili in vene periferiche per risiedere con sicurezza in grossi tronchi collettori o in grosse vene intratoraciche. Esempio lampante è sicuramente il PICC (Peripheral Inserted Central Catheters) che raggiunge la prossimità della giunzione tra vena cava superiore ed atrio destro e può restare in sede anche fino ad un anno. La tecnica ecoguidata per l’inserimento del PICC richiede, ovviamente, un adeguato addestramento che può avvenire durante il corso di laurea, corsi interni ad un’Unità Operativa o frequentando scuole di Ecografia applicata per infermieri.

In area critica, come pure in corsia, ogni giorno, l’infermiere deve anche inserire e valutare il corretto posizionamento dei cateteri vescicali. Il cateterismo vescicale effettuato con l’ausilio dell’ecografo riduce i rischi di inopportuna e inefficace cateterizzazione e si propone di poter visualizzare il catetere nell’organo. Inoltre può valutare la quantità di urina in una RAU (Ritenzione Acuta di Urina), la presenza di sedimenti vescicali e la presenza di ipertrofia prostatica (nell’uomo), così da guidarci anche nella scelta della tipologia di catetere. Lo scopo, anche qui, non è diagnostico, ma di supporto a procedure operative.

In generale, quindi, le tecniche ecoguidate, che sono certamente il futuro, hanno molteplici punti di forza quali efficacia, efficienza, sicurezza, fattibilità e soddisfazione finale dei pazienti e degli operatori, ma tutto questo deve far fronte alla realtà italiana in cui ci sono ancora pochissimi infermieri formati nell’utilizzo dell’ecografo e, tra quelli formati, solo una piccola percentuale lo usa con una certa frequenza.

In conclusione, quindi, si può dire che gli infermieri italiani sono appena all’inizio della formazione ecografica, ma sicuramente stanno guardando al futuro con uno spirito di progressione soprattutto per quanto riguarda la parte tecnica e come diceva Victor Hugo: “Se Dio avesse voluto l’uomo indietreggiasse, gli avrebbe messo un occhio dietro la testa. Noi guardiamo sempre dalla parte dell’aurora, del bocciolo, della nascita”.

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