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Ruolo dell’aspirina nella prevenzione primaria dei disturbi cardiovascolari

di Giacomo Sebastiano Canova

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L’aspirina rappresenta da più di 30 anni una pietra miliare nella gestione antitrombotica dei pazienti con un disturbo cardiovascolare aterosclerotico stabilito. Tuttavia, le principali linee guida forniscono raccomandazioni contrastanti sul suo utilizzo in prevenzione primaria. Uno studio, pubblicato sul prestigioso Circulation, ha tentato di fare chiarezza e di stabilire quale sia lo stato dell’arte su questa controversa questione.

Disturbi cardiovascolari, ruolo aspirina nella prevenzione primaria

L’utilizzo dell’aspirina nella prevenzione primaria di eventi cardiovascolari è molto dibattuto in letteratura, con le stesse linee guida che forniscono delle raccomandazioni spesso in conflitto tra loro.

L’utilizzo di questo farmaco è fondamentale, invece, sui pazienti con un riconosciuto disturbo cardiovascolare aterosclerotico; la sua funzione biologica si esplica difatti inibendo l’attività della ciclo-ossigenasi, con conseguente sintesi di trombossano A2, il quale porta ad un’irreversibile soppressione dell’attivazione e aggregazione piastrinica.

Fino a poco tempo fa le evidenze sottostanti alle raccomandazioni delle linee guida sulla prevenzione primaria erano basate su meta-analisi o studi che ingaggiavano popolazioni di pazienti eterogenee, studi post-hoc di RCT e analisi di costo-utilità.

Siccome questo livello di evidenza può supportare solamente raccomandazioni di basso grado, l’utilizzo dell’aspirina in prevenzione primaria non è stata supportato per essere inserita nelle sue indicazioni d’uso.

Tuttavia, recentemente sono stati pubblicati tre importanti RCT che hanno studiato una popolazione complessiva di più di 47.000 pazienti. In questi, l’aspirina era somministrata come prevenzione primaria a tre principali classi di rischio:

  • pazienti con diabete mellito
  • pazienti anziani residenti in comunità
  • pazienti senza diabete mellito che possedevano però un rischio cardiovascolare intermedio

È in questo contesto che si inserisce lo studio “Revisiting the Role of Aspirin for the Primary Prevention of Cardiovascular Disease”, pubblicato il 24 settembre 2019 sulla prestigiosa rivista Circulation.

Il suo scopo era proprio quello di rivisitare criticamente la letteratura presente sull’argomento, delineando inoltre le aree di incertezza per la ricerca futura e proporre un quadro decisionale per la prescrizione dell’aspirina in prevenzione primaria.

Per far ciò, gli autori hanno dapprima individuato 3 studi fondamentali in merito (tutti pubblicati nel 2018), riassumendone e analizzandone i risultati.

Lo studio ARRIVE

Il primo studio analizzato è stato ARRIVE (Aspirin to Reduce Risk of Initial Vascular Event), il quale ha analizzato in doppio cieco 12.546 pazienti provenienti da 6 paesi europei e dagli Stati Uniti. Come criterio di inclusione sono stati selezionati i pazienti con un rischio di sviluppo di coronaropatia compreso tra il 10% e il 20%; a questi pazienti è stato dunque somministrato in modo randomizzato o il principio attivo (100 mg di aspirina) o il placebo, seguendone per 5 anni l’andamento.

L’outcome primario stabilito era la presentazione di infarto miocardico, stroke, morte cardiovascolare, angina instabile e TIA: questi eventi si svilupparono in 269 (4.29%) partecipanti del gruppo aspirina contro 281 (4.48%) del gruppo placebo (HR 0.96; 95% CI, 0.81-1.13; P=0.6038).

I risultati non erano statisticamente significativi tra i due gruppi, stabilendo dunque che l’utilizzo dell’aspirina nei pazienti con moderato rischio di coronaropatia era incerto.

Lo studio ASCEND

Il secondo studio analizzato è stato ASCEND (A Study of Cardiovascular Events in Diabetes), il quale ha analizzato 15.480 partecipanti con età maggiore di 40 anni e affetti da diabete mellito, ai quali è stato somministrato in modo randomizzato il principio attivo (100 mg di aspirina) o il placebo.

Dopo un follow-up medio di 7.4 anni, la frequenza degli outcome primari (infarto miocardico, stroke, TIA o morte per causa cardiovascolare) era dell’8.5% nei pazienti trattati con aspirina e del 9.6% in quelli trattati con placebo (HR 0.88; 95% CI, 0.79-0.95, P=0.01).

In riferimento alle complicanze, l’aspirina si associava ad un aumentato rischio emorragico (RR 1.29; 95% CI, 1.09-1.52; P=0.003); l’incidenza di emorragie cerebrali fatali era meno dell’1% dei partecipanti e uguale in entrambi i gruppi.

Per questo motivo la somministrazione di aspirina è stata associata ad un minor rischio di eventi ischemici nei pazienti con diabete mellito senza evidenza di disturbi cardiovascolari su base aterosclerotica, senza tuttavia dimenticare che però è presente un maggior rischio emorragico.

Lo studio ASPREE

Il terzo e ultimo studio analizzato è stato ASPREE (Aspirin in Reducing Events in Elderly), il quale ha analizzato 19.114 partecipanti con più di 70 anni provenienti dall’Australia o dagli Stati Uniti; essi come criteri di inclusione dovevano essere persone senza malattie croniche che ne limitassero la vita, demenza, disabilità fisiche o malattie cardiovascolari o cerebrovascolari.

A questi pazienti è stato somministrato in modo randomizzato il principio attivo (100 mg di aspirina) o il placebo e, dopo un follow-up medio di 4.7 anni, lo studio è stato prematuramente sospeso per via della sua futilità.

Questo in quanto l’outcome primario di una sopravvivenza senza disabilità si è presentata nel 21.5 per 1000 dei pazienti trattati con aspirina contro il 21.2 per 1000 dei pazienti ai quali è stato somministrato il placebo (HR 1.01; 95% CI, 0.92-1.11; P=0.79), con un significativo rischio di sanguinamento nei pazienti del gruppo aspirina (8.6 vs. 6.2 per 1000 pazienti/anno; HR 1.38; 95% CI, 1.18-1.62; P<0.001).

Inoltre, l’incidenza del rischio di disturbi cardiovascolari era sovrapponibile tra i due gruppi, con un’aumentata mortalità nel gruppo trattato con aspirina. Per questo motivo lo studio non ha mostrato nessun beneficio derivante dalla somministrazione di aspirina nei pazienti anziani nella prevenzione di disturbi cardiovascolari aterosclerotici; tale somministrazione, però, ha aumentato i rischi di sanguinamento e la mortalità per tutte le cause.

Risultati derivanti dal confronto dei tre studi

Gli autori della revisione hanno condotto una meta-analisi sui risultati derivanti dai tre studi inclusi, la quale non ha dimostrato dei benefici in termini di sopravvivenza qualora il paziente assuma aspirina invece del placebo (RR 0.98; 95% CI, 0.93-1.02; P=0.30), confermando il rischio di sanguinamento maggiore (RR 1.47; 95% CI, 1.31-1.65; P<0.001).

Questi risultati erano consistenti negli studi che includessero pazienti diabetici o ad alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari su basi aterosclerotiche.

Implicazioni per la ricerca futura

Oltre ad aver analizzato i principali studi presenti in letteratura circa l’utilizzo dell’aspirina nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche, gli autori hanno delineato delle aree di incertezza da indagare con degli studi di ricerca, fornendo degli spunti per la stessa.

Formulazione farmacologica ottimale

L’aumento del turnover piastrinico nei pazienti con diabete mellito e il fatto che la variabilità interindividuale del recupero della COX-1 può essere superata dall’aspirina due volte al giorno potrebbe essere studiata attraverso uno studio randomizzato che confronta l’aspirina due volte al giorno e/o la formulazione a rilascio prolungato col placebo, preferibilmente in pazienti con diabete mellito.

Inoltre, nei pazienti con diabete mellito il numero di non responder è significativamente più alto con l’aspirina con rivestimento enterico rispetto ad altre formulazioni e mancano prove definitive per l’attenuazione del rischio di sanguinamento con aspirina con rivestimento enterico.

Questo implica la necessita, secondo gli autori, di condurre uno studio randomizzato che confronta l’aspirina semplice e/o l’aspirina a base lipidica a rilascio modificato col placebo, preferibilmente in pazienti con diabete mellito.

Interazione tra peso corporeo e dosaggio di aspirina

Una meta-analisi di studi randomizzati suggerisce un’interazione tra peso corporeo e risposta al trattamento in base alla dose di aspirina; inoltre, nello studio ASCEND, solo i pazienti di peso ≥70 kg hanno beneficiato in modo significativo dell’aspirina a basso dosaggio.

Questi fatti si prestano alla conduzione di uno studio randomizzato che confronta una strategia di dosaggio dell’aspirina in base al peso rispetto al placebo, in cui la randomizzazione è stratificata in base al peso.

Strumenti di supporto decisionale

Data la mancanza di strumenti per prevedere il beneficio clinico netto dell’aspirina nella prevenzione primaria dei disturbi cardiovascolari su base aterosclerotica, si rende necessaria la convalida esterna dei punteggi di previsione del rischio per identificare i pazienti da includere nella sperimentazione che sono ritenuti i più propensi a trarre benefici netti positivi dall’aspirina.

Interazioni tra genere e aspirina

Le evidenze attualmente disponibili suggeriscono che l’aspirina riduca il rischio di infarto miocardico negli uomini e il rischio di ictus ischemico nelle donne. Per questo motivo il suggerimento è quello di condurre uno studio randomizzato stratificato per sesso, con entrambi gli strati sufficientemente potenziati per rilevare un significativo effetto terapeutico dell’aspirina quando utilizzata in prevenzione primaria.

Chemioprevenzione del cancro

La Task Force dei servizi preventivi degli Stati Uniti raccomanda la somministrazione di aspirina per la prevenzione del carcinoma del colon-retto e la storia familiare del carcinoma gastrointestinale è stata sostenuta come variabile da tenere in considerazione nella valutazione del rischio/beneficio per la prescrizione dell’aspirina.

In questo sono necessari degli studi randomizzati che valutino specificamente l’effetto dell’aspirina sugli endpoint correlati al cancro. In questo, lo studio ADD-ASPIRIN è attualmente in corso per rispondere a questa specifica domanda.

Quadro decisionale prescrizione aspirina in prevenzione primaria

Gli autori dello studio hanno delineato una tabella che possa guidare, alla luce dei risultati derivanti dalla revisione, nella prescrizione dell’aspirina in prevenzione primaria.

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