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fine vita

Consulta: Aiuto al suicidio non sempre punibile

di Redazione

Non è punibile, ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Così ha deciso la Corte Costituzionale. La questione era stata sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo per la morte di Dj Fabo, in cui era coinvolto Marco Cappato. La Consulta, però, torna a chiedere un intervento del Parlamento in materia.

Aiuto al suicidio non punibile in determinate condizioni

L'Ufficio stampa della Corte Costituzionale fa sapere che la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

La Corte si pronunciava in via incidentale su richiesta della Corte d'Assise di Milano sul processo a Marco Cappato nel caso di Dj Fabo. Dopo undici mesi di attesa è arrivato il pronunciamento della Corte Costituzionale, che stabilisce la non legittimità dell'articolo 580 del Codice penale, che punisce l'istigazione o l'aiuto al suicidio con pene tra i 5 e i 12 anni di carcere.

La Corte Costituzionale ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.

La Corte sottolinea inoltre che l'individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell'ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell'ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate.

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