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Infermiera

Addio Pronto soccorso e grazie. Non è una fine, ma un inizio

di Mimma Sternativo

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C’è un posto in cui si è più infermiere che in un altro? Non credo. Mi raccomando, resta infermiera, mi dicono. Anche tra scartoffie, telefono e burocrazia varia sono infermiera. Si cambia rotta, ma la nave, la destinazione resta la stessa. Quel che è certo è che mi mancherai, mio caro Pronto soccorso.

Non è una fine, è un inizio. Grazie di tutto, mio caro Pronto soccorso

"La divisa è lì, piegata..."

Quando l'infermiere non indossa una divisa, da cosa riconosci che è un infermiere? Siamo davvero infermieri soltanto in ospedale? Solo in corsia? Siamo infermieri solo se c'è un paziente da assistere?

E quelli che ormai sono "dietro una scrivania", i docenti, i dirigenti, i vari referenti, sono ancora infermieri o non lo sono più?

Una volta un medico sindacalista scrisse una lettera per denunciare l'uso improprio del camice da parte di un coordinatore. La non appropriatezza stava nel fatto che il camice identificasse un medico e non un infermiere, perciò creava confusione.

È davvero così? L'infermiere col camice tradisce la propria professione? E l'infermiere in borghese, allora?

Mi lascio alle spalle le porte del mio Pronto soccorso e all'improvviso la stanchezza non conta più, i turni massacranti, il sovraffollamento, le liti, le incomprensioni... tutto sparisce.

Rimangono solo i ricordi più belli.

I ricordi degli strani casi in triage, delle aggressioni sventate, delle infinite e improbabili docce ai barboni, dei pazienti disorientati, delle notti infinite, degli insulti, dei complimenti, delle strane avance di pimpanti ottantenni, delle anziane signore pronte a darmi in sposa a qualche loro nipote.

Rimangono i ricordi dei pazienti "del cuore", dei codici rossi più brutti/belli (binomio difficile da spiegare a chi non ha vissuto il Ps sulla propria pelle), i ricordi dell'ansia, della paura, dell'adrenalina, della noia, del sonno, dell'incazzatura, del panino con la mortadella alle cinque del mattino.

Rimane una canzone scritta per ricordare ogni mio passo che mi ha portata fino a qui, rimane una lettera per ricordarmi le cose che dovrò fare tutte le mattine prima di andare in ufficio, rimane un album di fotografie della mia mitica squadra, un albero di limone che fiorisce e fruttifera tutto l'anno (sperando di essere in grado di fare altrettanto).

Lascio spazio alle lacrime...

E mi prende quell'ansia dei marinai, quando il vento e la vela tradiscono, ma paura di perdermi non ne ho e dove andrò...Ti porterò e ti terrò dove sarò o non sarò. Ti porterò... (Vecchioni)

Ho chiuso il mio armadietto, ora non c'è più una divisa a darmi uno status, una divisa a proteggermi, una divisa a valorizzarmi o, in certi casi, anche a discriminarmi.

Una divisa che mi dica cosa devo fare, cosa si aspetta la gente che io faccia, che io sia. Una divisa che oramai mi dava sicurezza: infermiera certa delle proprie competenze acquisite.

Ho girato la chiave nella serratura, l'armadietto è chiuso.

No, non l'ho ancora liberato. Per mia natura non ci penso due volte a buttarmi a capofitto in una nuova esperienza, ma trovo sempre molto difficile lasciar andare le cose, le persone, gli eventi.

La divisa è lì, piegata: ora ha su tutti i nomi dei colleghi medici, infermieri, oss. Ci sono i nomi di tutti quelli che mi hanno insegnato qualcosa in questi anni.

È il mio trofeo, ho vinto. La loro presenza in questo momento di passaggio è la rivincita più grande, la risposta più bella ai vecchi momenti bui

Mi raccomando, resta infermiera, mi dicono ora. Come se stessi realmente cambiando lavoro.

Anche nel mio trasferimento dalla Medicina al Ps avevo trovato un po' di difficoltà nel trovare "il mio spazio-infermiera".

Certo, avevo sempre la stessa divisa, ma era cambiato il luogo, erano cambiati i pazienti, il mio modo di rispondere ai loro bisogni, l'organizzazione, i tempi.

In realtà non so se esista davvero un luogo in cui si è "più infermiere" rispetto ad altri, credo serva solo il tempo per trovare il proprio spazio e portare il proprio modo di essere infermiere.

Sì, anche tra scartoffie, telefono e burocrazia varia. Si cambia rotta, ma la nave, la destinazione resta la stessa.

Non è una fine, è un inizio. Grazie mio caro Pronto Soccorso, non ti dimenticherò mai e non smetterò mai di difenderti dai miopi attacchi di chi non ti conosce abbastanza

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