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Infermiere o anestesista, chi presidia il postoperatorio?

di MS

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Paziente operato chirurgicamente. Infermiere o anestesista, di chi la responsabilità della sorveglianza nel post operatorio? Un’analisi della sentenza Cassazione n.8080 del 20 febbraio 2017.

Di chi la responsabilità nel postoperatorio, infermiere o anestesista?

Già dai primi insegnamenti nei corsi di laurea in infermieristica, nei convegni-congressi ai quali ci capita di partecipare, le parole che più spesso vengono da noi ascoltate sono: linee guida, evidenze, protocolli, istruzioni operative.

Oggi vi vogliamo raccontare una storia all’interno della quale viene a generarsi una netta divisione tra ciò che andrebbe fatto (linea guida, appunto) e ciò che si è fatto (condotta tenuta).

Peccando di presunzione potremmo definire tale concetto: dicotomia (sperando che l’Accademia della Crusca ci lasci passare il termine).

Il nostro obiettivo consiste nel commentare la sentenza n.8080 del 20 febbraio 2017 (Corte di Cassazione, sez. IV penale). Vogliamo farlo dando peso non tanto alle azioni intraprese, alle attività svolte, ma alla rilevanza scientifica delle parole. Le parole contano.

Il palcoscenico è rappresentato da una sala operatoria (non dotata di una specifica sala risveglio) dove, a seguito di un intervento chirurgico, il paziente M.G. subiva un arresto respiratorio con successivo arresto cardio-circolatorio e conseguenti lesioni gravissime, derivate dalla prolungata ipossia cerebrale, conseguenza della mancata sorveglianza da parte dell’anestesista e dell’infermiere.

In primo e secondo grado l’anestesista e l’infermiere di sala vengono dichiarati colpevoli del reato di lesioni personali colpose e condannati alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno (pena sospesa condizionata al pagamento della provvisionale in favore delle parti costituite) per non aver adeguatamente vigilato un paziente nella fase di risveglio al termine di un’operazione chirurgica.

In pratica il medico, l’infermiere ed anche il responsabile civile venivano condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili ed al pagamento di una provvisionale (anticipata corresponsione di denaro presumibilmente inferiore a quella che potrà risultare dovuta, stabilita dal giudice prima della definizione di una causa).

Tradotto: il signor M.G. a seguito di un intervento chirurgico veniva svegliato dall’anestesista (risveglio: le parole contano!) ed una volta verificata la congruenza delle risposte, si affidava all’infermiere. La responsabilità della sorveglianza clinica dei pazienti è affidata agli infermieri: le parole contano

A questo punto scomodiamo ancora una volta la parola dicotomia e lo facciamo introducendo i concetti di “risveglio” e “recupero”. Parole in grado di generare una divisione sostanziale tra la responsabilità in capo all’anestesista e quella affidata all’infermiere.

Nella fattispecie “il termine risveglio è riferito unicamente alla fase di ripresa della coscienza dopo un’anestesia generale”, mentre la parola recupero “comprende il ripristino della stabilità dei parametri vitali, dello stato di coscienza, ma anche dell’attività motoria, della sensibilità, e la responsabilità della sorveglianza clinica dei pazienti è affidata agli infermieri (funzione di garanzia).

Di fatto il primo e secondo grado di giudizio avevano restituito agli imputati un unico profilo di responsabilità all’interno del quale per ambedue i professionisti ricorreva l’obbligo di sorveglianza, come se, nelle fasi di risveglio e recupero, fosse necessaria la presenza costante di anestesista ed infermiere.

Contro tale sentenza i due professionisti, nonché il responsabile civile dell’Azienda, propongono ricorso per Cassazione, la quale ha il compito di valutare la corretta applicazione delle norme di diritto, controlla cioè che la legge sia stata correttamente applicata.

E la Corte di Cassazione rinvia alla Corte di appello di Catania la sentenza di condanna per il riesame. Scindere: le parole contano.

Una delle motivazioni di tale rinvio è insito nella parola scritta poco fa, visto che il giudice di Cassazione sospende il giudizio confermando due diversi profili di responsabilità.

Durante la fase di risveglio (fase di ripresa della coscienza dopo un’anestesia generale) la responsabilità grava sull’anestesista, mentre nella successiva fase di recupero (ripristino della stabilità dei parametri vitali, dello stato di coscienza, ma anche della attività motoria), la sorveglianza clinica (responsabilità) è affidata all’infermiere, con valutazioni periodiche non superiori ai 15 minuti.

Il Giudice di appello non ha tenuto nella dovuta considerazione la distinzione esistente tra la fase di risveglio e la fase di recupero; la sentenza non si è fatta carico di alcun approfondimento ma si è limitata ad affermazioni generiche circa l’obbligo di sorveglianza da parte del medico, ritenendo tale obbligo anche nella fase di recupero.

Semplificando il giudizio espresso dalla Corte di Cassazione “ad ognuno il suo”: il medico anestesista è responsabile della fase di risveglio. L’infermiere è responsabile della fase di recupero. Le parole contano.

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