Il nuovo contratto c’è. Dopo mesi di trattative, di rinvii e di tavoli tecnici, il CCNL Sanità 2022-2024 è stato firmato il 18 giugno 2025. Ma se la firma sancisce formalmente la conclusione del negoziato, il confronto nella categoria è tutt’altro che chiuso. Perché questa intesa racconta molto delle difficoltà e delle fratture che oggi attraversano il lavoro sanitario pubblico. Dal punto di vista formale, l’accordo ha rispettato le regole: la maggioranza sindacale necessaria è stata raggiunta e l’intesa è valida. Sul piano sostanziale, però, la contrapposizione resta. Al tavolo sono rimasti divisi i sindacati: CISL FP, Nursind, Fials e Nursing Up hanno sottoscritto l’accordo, mentre CGIL FP e UIL FPL hanno mantenuto il loro no.
Il sì: la fatica del possibile
Nel frattempo, nei reparti, il peso assistenziale quotidiano resta invariato.
Per i firmatari , il nuovo contratto non è perfetto, ma rappresenta l’accordo possibile in un quadro di risorse definite a monte.
CISL FP, nel comunicato ufficiale del 18 giugno, rivendica il risultato come frutto di responsabilità e pragmatismo: Non è frutto di slogan o proteste sterili, ma del lavoro negoziale portato avanti con determinazione, anche quando il tavolo era bloccato da chi ha preferito cavalcare logiche politiche anziché rappresentare i bisogni reali del personale.
Anche Nursing Up e Fials evidenziano l’urgenza di sbloccare risorse già stanziate: il presidente di Nursing Up, Antonio De Palma, ha definito l'intesa:
una scelta di visione: non firmare avrebbe significato lasciare migliaia di professionisti senza prospettive.
172 € lordi medi mensili (~50–60 € netti) immediatamente esigibili;
Risorse dedicate per Pronto Soccorso, specificità infermieristica e tutela del malato;
Patrocinio legale rafforzato, supporto psicologico post-aggressione, ferie solidali estese, age management per over 60, smart working regolato;
Accesso all’elevata qualificazione anche con laurea triennale e lunga esperienza professionale.
Il no: oltre le cifre, la sostanza
FP CGIL e UIL FPL, con fermezza, hanno definito l’intesa un atto irresponsabile : Con amarezza, abbiamo ribadito ad ARAN la nostra indisponibilità a sottoscrivere un rinnovo che non garantisce diritti esigibili, tutele concrete e, soprattutto, un adeguato riconoscimento economico.
Il loro dissenso si concentra su carenze di fondo che vanno ben oltre l’entità degli aumenti.
Stagnazione dei carichi di lavoro e turnazione : nessuna misura concreta per ridisegnare orari sostenibili né per gestire adeguatamente la pressione sui reparti.
Progressione professionale inesistente : manca un percorso retributivo strutturato che valorizzi la crescita delle competenze e l’esperienza accumulata.
Profilo dell’Assistente Infermiere sottoposto a critiche : introdotto senza un confronto serio, rischia di creare un effetto di dumping professionale, "scavalcando" il profilo infermieristico.
Welfare e conciliazione assenti : nessun reale potenziamento del welfare contrattuale o strumenti per supportare l’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Uno dei punti più forti del dissenso economico riguarda l’aumento: con una inflazione reale che sfiora il 17%, l’incremento di circa 172 € lordi mensili si traduce in soli 50 € netti, un valore ormai considerato simbolico.
Per i sindacati “del no”, la scelta di non firmare significa difendere una contrattazione che non sia solo giusta dal punto di vista contabile, ma strutturale: capace di riconoscere il lavoro sanitario nella sua complessità e di fornire risposte concrete a livello economico, organizzativo e professionale.
Le voci dal campo: tra partecipazione remota e disillusione
Oltre i comunicati ufficiali, anche la base professionale osserva, commenta e si interroga. Sui social si coglie un clima sospeso, fatto più di rassegnazione che di entusiasmo, ma senza neppure una rabbia collettiva e compatta.
Meglio poco che niente? Forse. Ma non possiamo continuare ad accontentarci. Non è il contratto che aspettavamo. Ma almeno qualcosa si è mosso. Chi firma, chi non firma… noi intanto copriamo turni che restano sempre più pesanti.
Più che un fronte spaccato, emerge una sensazione diffusa di partecipazione distante: il negoziato è avvertito come qualcosa che avviene altrove, gestito da pochi.
Nel frattempo, nei reparti, il peso assistenziale quotidiano resta invariato. La stanchezza cresce, le criticità organizzative permangono, e il contratto — comunque lo si valuti — appare incapace, ancora una volta, di incidere sulle reali condizioni operative della professione.
Risorse vincolate, divisioni consolidate: il rebus della trattativa sanitaria
Dietro l’apparente equilibrio della firma raggiunta, la contrattazione appena chiusa evidenzia ancora una volta alcune debolezze ricorrenti, che finiscono per svuotare progressivamente il senso stesso del rinnovo contrattuale per il comparto sanità.
La fragilità è espressa a monte dal vincolo iniziale delle risorse, fissato dal Governo in sede di legge di bilancio: un tetto economico che l’ARAN, pur negoziando i dettagli applicativi, non ha il potere di modificare. Così la trattativa parte ogni volta da stanziamenti limitati, blindati fin dall’origine, che consentono solo minimi adeguamenti tabellari, senza veri margini per interventi più ambiziosi.
Accanto alla questione economica, pesa anche una mancanza cronica di progettualità politica sul ruolo delle professioni sanitarie pubbliche. La contrattazione, di fatto, continua ad essere concepita come un puro esercizio di distribuzione contabile, si rincorrono piccoli aggiustamenti salariali, ma si rinvia costantemente ogni tentativo di trasformare il contratto in uno strumento di vera evoluzione e rivoluzione professionale.
In questo scenario, la frammentazione costante del fronte sindacale e l’incapacità, ormai strutturale, di presentare piattaforme unitarie robuste, consegna al decisore pubblico una leva negoziale prevedibile: gestire divisioni interne per chiudere gli accordi con maggioranze minime sufficienti, evitando di confrontarsi con una rappresentanza coesa e determinata.
Su tutto, manca infine una pressione sociale visibile. A differenza di altre categorie del pubblico impiego che riescono periodicamente a mobilitare l’attenzione mediatica e politica (come magistratura, scuola, forze dell’ordine), le professioni sanitarie faticano a generare un movimento di opinione nazionale in grado di sostenere richieste economiche e normative più incisive. In assenza di questo sostegno pubblico, anche il peso politico delle rivendicazioni si indebolisce.
Così, rinnovo dopo rinnovo, il ciclo sembra ripetersi: trattative lunghe, chiusure tardive e contratti che entrano in vigore quando ormai il triennio di riferimento è quasi alle spalle.
Come funziona la contrattazione: il ruolo di ARAN
Il rinnovo di un CCNL del pubblico impiego segue un percorso definito. L’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) rappresenta tutte le amministrazioni pubbliche al tavolo sindacale, trattando in nome di Governo, Regioni e SSN.
Chi decide le risorse?
Il Governo, attraverso la Legge di Bilancio, stabilisce quante risorse sono disponibili. L’ARAN non può modificarne l’entità, ma negozia con i sindacati come distribuirle tra stipendi, indennità e nuove tutele normative.
Le fasi chiave:
Stanziamento delle risorse (Governo)
Negoziazione ARAN-sindacati
Firma dell’intesa (serve la maggioranza dei sindacati rappresentativi)
Controllo di copertura finanziaria e certificazione della Corte dei Conti
Entrata in vigore definitiva
Nota cruciale: ARAN gestisce la distribuzione, ma non può aumentare il budget: il margine economico è stabilito in partenza dal Governo e dal Parlamento.
Il vero banco di prova: il rinnovo 2025-2027
Archiviata la firma per il triennio 2022-2024, si apre ora il vero nodo politico e contrattuale: il CCNL Sanità 2025-2027. Non più solo un rinnovo tabellare, ma l’occasione — o il rischio — di ridisegnare il modello stesso di lavoro delle professioni sanitarie pubbliche.
Le sfide sono chiare e ineludibili:
Revisione dei modelli organizzativi assistenziali Superare logiche ancorate al puro orario di presenza, per ripensare assetti più flessibili e orientati agli esiti di salute, valorizzando il lavoro in team multiprofessionali e la responsabilità clinica.
Riconoscimento pieno delle competenze specialistiche e avanzate Sempre più professionisti sanitari esercitano ruoli clinici a elevata complessità senza un adeguato inquadramento contrattuale. Il tema delle specializzazioni infermieristiche, delle funzioni avanzate, delle competenze cliniche evolute e della loro valorizzazione economica rimane aperto e urgente.
Adeguamento salariale reale In un contesto segnato da inflazione persistente e aumento dei costi della vita, la semplice perequazione tabellare rischia di erodere ulteriormente il potere d’acquisto. Servono aumenti che riconoscano non solo le responsabilità crescenti, ma anche il differenziale economico accumulato negli ultimi anni.
Sostenibilità dei turni e dei carichi assistenziali La pressione sui reparti, l’aumento delle cronicità, la carenza di personale e l’invecchiamento degli operatori richiedono un ripensamento serio di orari, turni, riposi e politiche per la gestione del personale over 55-60.
Welfare contrattuale e conciliazione vita-lavoro Offrire strumenti concreti per conciliare carriera e famiglia, prevenire burnout e garantire la salute psicofisica degli operatori diventa cruciale per trattenere e motivare il personale qualificato.
Se queste questioni non troveranno risposte concrete e strutturali, la categoria rischierà di tornare ciclicamente nella stessa dinamica: accontentarsi di aumenti minimi spalmati su arretrati e indennità accessorie, mentre il cuore dei problemi professionali resta immutato.
Il poco continuerà così a presentarsi come meglio di niente , in un eterno compromesso al ribasso che impoverisce progressivamente il valore sociale e contrattuale delle professioni sanitarie pubbliche.
Baccarillo
7 commenti
Nessuna delle due
#1
È solo un fallimento colossale. È la morte della professione infermieristica