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Pubblico Impiego

Ccnl Sanità, la Corte dei Conti boccia l'assenza di premialità

di Sara Di Santo

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Pubblicato il referto definitivo della Corte dei Conti sull’Ipotesi di Ccnl del comparto sanità per il triennio 2016-2018: quantificazioni economiche rispettate e parte normativa idonea a ridisegnare la contrattazione che verrà, sottolinea la Corte, ma la nota dolente resta sempre il mancato riconoscimento della premialità.

Ok della Corte dei Conti alla parte normativa del Ccnl Sanità

La Corte dei Conti ha pubblicato il referto definitivo sull’Ipotesi di Ccnl del comparto sanità per il triennio 2016-2018 firmato in Aran lo scorso 21 maggio.

Nelle 12 pagine del rapporto la Corte parte con gli aspetti positivi del Ccnl in oggetto, che riguardano soprattutto la parte normativa, contenente novità interessanti e propedeutiche al ridisegnamento della contrattazione che verrà.

Bene, dunque, il criterio di relazione sindacale basato sulla partecipazione e sulla contrattazione integrativa. È il ruolo centrale del “confronto” che la Corte sottolinea in particolare, inteso come dialogo approfondito, non formalizzato, sulle materie rimesse a tale livello di relazione, finalizzato a restituire alle organizzazioni sindacali un ruolo di partecipazione costruttiva sulle determinazioni che l’azienda o l’ente intenderà adottare.

Promossi anche la previsione di un Organismo paritetico per l’innovazione (le cui competenze, però, per alcuni aspetti si sovrappongono a quelle del Comitato unico di garanzia) e Confronto regionale, grazie la quale le Regioni, nel rispetto dell’autonomia contrattuale delle aziende e degli enti, potranno emanare linee generali di indirizzo che la Corte vede come uno strumento necessario a garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e, allo stesso tempo, un presidio necessario per la verifica delle condizioni per il riconoscimento delle risorse aggiuntive regionali anche sotto il profilo della compatibilità e sostenibilità finanziaria dei diversi sistemi sanitari regionali.

Ed è proprio anche mediante il Confronto regionale che la Corte dei Conti suggerisce di superare l’impasse della previsione di un unico fondo per il finanziamento degli incarichi e per il finanziamento degli istituti correlati al lavoro straordinario e alle condizioni di disagio, che potrebbe determinare oneri finanziari aggiuntivi correlati alla necessità di dovere comunque garantire i Lea.

Elemento perequativo una tantum e trattamenti accessori ignorati

Dopo aver confermato l’abolizione delle fasce di merito e l’attribuzione di una maggiorazione del premio individuale (indirizzato ai dipendenti che ricevono valutazioni più elevate) pari a non meno del 30% del valore medio pro capite dei premi attribuiti al personale con valutazione positiva, e dopo aver sottolineato l’innovazione dedicata agli incarichi funzionali – quindi, sostanzialmente, dopo aver promosso la parte normativa del Ccnl - la Corte dei Conti individua nell’elemento perequativo una tantum (aprile-dicembre 2018) e nel fatto che le risorse siano destinate solo alla rivalutazione della retribuzione tabellare ignorando i trattamenti accessori due note dolenti.

Scelta che – la prima - non sembra, poi, realizzare del tutto nell’ipotesi di contratto in esame la propria finalità e che – la seconda - al di là dei profili di compatibilità economica, non appare in linea con gli atti di indirizzo, in cui si sottolineava che le risorse contrattuali avrebbero dovuto essere distribuite secondo un criterio di proporzionalità tra le voci retributive.

Quello che la Corte evidenzia, restando in ambito perequazione, è che a fronte di un’auspicata tendenziale omogeneizzazione dei trattamenti economici complessivi del personale delle pubbliche amministrazioni, nei fatti il riconoscimento di incrementi retributivi a regime nella misura del 3,48 per cento aumenta i differenziali retributivi preesistenti, non tanto fra i diversi quattro comparti, quanto nell’ambito dello stesso comparto.

I fondi per il trattamento accessorio

Il testo contrattuale - scrive la Corte - attua una semplificazione dei fondi precedenti, riducendoli da tre a due: Fondo condizioni di lavoro e incarichi e Fondo premialità e fasce.

I due fondi hanno caratteristiche diverse, in quanto il primo è legato alle scelte organizzative dell’ente, mentre il secondo è dedicato a supportare le politiche della premialità.

Il problema è che le risorse del contratto per il trattamento accessorio vengono destinate tutte all’incremento del Fondo condizioni di lavoro e incarichi (si parla di un importo annuo pari a 91 euro pro capite, che genera un onere nel 2019 pari a circa 68 milioni di euro), a scapito quindi della premialità.

Su questo punto, la Corte è molto chiara: scegliere di destinare la quasi totalità delle risorse destinate alla tornata contrattuale 2016-2018 alla rivalutazione dello stipendio e delle altre componenti della retribuzione aventi carattere fisso e continuativo appare in contrasto con gli obiettivi di efficienza ed efficacia indicati negli atti di indirizzo.

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