Intraospedaliera
La violenza sulle donne è una tragedia davanti la quale nessuno dovrebbe chiedere gli occhi. Il Pronto soccorso è quasi sempre il primo anello della catena di luoghi e di azioni che la donna percorre e proprio il Pronto soccorso, con la professionalità di operatori sanitari formati ad hoc, può rappresentare il contesto in cui provare a ripartire dal punto dove la propria storia si è interrotta. A Rimini, per questo scopo, è attivo il Progetto Dafne, finalizzato all'individuazione delle strategie e degli interventi rivolti alle donne che subiscono violenza.
Accoglienza donne vittime di violenza, il ruolo del Pronto soccorso
La violenza contro le donne è una violenza basata sul genere ed è ritenuta una violazione dei diritti umani (Conferenza Mondiale sui diritti umani: Dichiarazione di Vienna e Programma d'azione, in particolare al punto 18).
É la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni: più degli incidenti stradali, più delle malattie.
La violenza sulle donne, che in alcuni casi si spinge fino all’omicidio - definito per la prima volta «femminicidio» da una sentenza del 2009 - è una tragedia davanti la quale nessuno dovrebbe chiedere gli occhi. Soprattutto non riguarda solo le donne, ma tutti gli uomini.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia sono circa 6 milioni e 788 mila le donne che hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% è rimasta vittima di violenza fisica, il 21% di violenza sessuale e il 5,4% di forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono, infine, 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
Il Pronto soccorso è un luogo dove prima o poi, nel corso della storia di maltrattamenti, la donna giunge. Tale contesto rappresenta, quindi, un anello (talvolta il primo) della catena di luoghi e di azioni che la donna percorre e compie e che costituiscono il complesso percorso di uscita da una relazione violenta.
L'accesso al PS tramite triage infermieristico, soprattutto nel breve tempo successivo all'aggressione subita, è un momento molto delicato e particolarmente proficuo per iniziare a raccontare la situazione di maltrattamento.
La violenza espressa, cioè la seconda fase del ciclo della violenza, il momento che segue la crescita della tensione, è anche quello in cui la donna può reagire con rabbia, quando questo accade può essere che essa sia maggiormente disponibile a raccontare l'accaduto.
L'accesso al PS è quindi un passaggio molto delicato in quanto costituisce un momento in cui è possibile:
- riconoscere la violenza
- “svelare” la violenza avvenuta
- intercettare la domanda di aiuto della donna (non sempre esplicita)
- far fronte ad intense emozioni e molteplici bisogni della donna
- fornire informazioni sui servizi del territorio e della rete antiviolenza.
È bene ricordare che il primo passo per attivare un qualsiasi intervento consiste nel riconoscere il tipo di violenza che la donna subisce e le sue ripercussioni sulla vita e sul benessere psicofisico suo e degli eventuali figli (vittime e/o testimoni della violenza intrafamiliare).
L'accoglienza rappresenta, pertanto, la fase più complessa della relazione tra la donna e l’altro, sia che si tratti di un operatore sanitario o di un rappresentante delle forze dell’ordine o di un operatore psicosociale.
La donna “deve percepire” che ha trovato un luogo appropriato dove raccontare la propria storia ed è perciò importante che senta di potersi fidare del suo interlocutore. Un operatore può creare e indurre un senso di fiducia se sa come trattare il problema, se sente di poter proporre delle possibili soluzioni nell'emergenza, nonché dei riferimenti affidabili sul territorio.
Talvolta operatori non adeguatamente formati si sentono sopraffatti dalle storie di maltrattamento e possono sentirsi impotenti, esattamente come la donna di fronte al proprio aggressore.
Donne vittime di violenza: A Rimini c’è il Progetto Dafne
Nella realtà di Rimini per accogliere le donne vittime di violenza è attivo il Progetto Dafne, un progetto finalizzato all'individuazione delle strategie e degli interventi rivolti alle donne che subiscono violenza.
Il Progetto offre garanzia di anonimato, colloqui di accoglienza in cui le donne possono trovare ascolto e sostegno psicologico-sociale per la realizzazione di un progetto personale di uscita della situazione di violenza, consulenze psicologiche, trattamenti psicologici individuali e di gruppo e interventi medico-sanitari.
È fondamentale la presa di coscienza da parte dei professionisti coinvolti, della delicatezza (per gli aspetti psicologici e di vissuto relativo al trauma subito) e dell’importanza (per stabilire da subito con la donna un rapporto basato sulla fiducia che garantisca una adesione e una continuità al percorso ed alla successiva presa in carico territoriale) di questo momento, prestando particolare attenzione ai seguenti aspetti:
L’infermiere di Pronto soccorso provvederà ad eventuali medicazioni e somministrazioni di terapie farmacologiche o trattamenti prescritti dal medico. I reparti/U.O. presso i quali sono stati richiesti esami, approfondimenti diagnostici per immagini, consulenze, ecc. provvederanno all’espletamento di questi ultimi e alla restituzione dei risultati di tali indagini/valutazioni.
Avendo a disposizione anche questi elementi, il medico provvederà all’analisi di tali esiti e alla decisione di dimissione o di richiesta di ricovero. In caso di violenza sessuale il Reparto di Ginecologia ed ostetricia è responsabile sia dell'apertura del referto sia della sua chiusura in fase di dimissione.
Dopo l’effettuazione della visita il ginecologo deciderà se proporre alla donna un ricovero o se procedere con la dimissione e informerà la donna sulla necessità, dopo la dimissione, di eventuali follow-up clinici ed infettivologici e della presenza di un supporto dell’assistente sociale.
Nel delicato percorso terapeutico della donna vittima di violenze e abusi si deve necessariamente provare a ripartire dal punto dove la propria storia si è interrotta. Un modo per non rimanere spezzati dal peso violento dell’abuso e per riprendere il cammino interrotto della propria unica e irripetibile individualità di donna.
In questo percorso fortunatamente ci sono dei professionisti in grado di accogliere e accompagnare la donna con garbo e delicatezza coscienti dell'importanza del loro ruolo terapeutico e di aiuto.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?