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Il Triage e il rischio errori nel processo di codifica

di Chiara Sabati

Intraospedaliera

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Cinque minuti, questo il tempo medio che ha a disposizione un infermiere di Triage per assegnare un codice di priorità. In questo lasso di tempo, vi sono variabili esterne che possono indurre in errore e che devono essere arginate per permettere al professionista di mantenere la concentrazione sullo stato del paziente.

Triage infermieristico, qual è la sua vera funzione?

Circa 300 pazienti al giorno, 12 pazienti all'ora, 5 minuti a paziente. Cinque minuti.


Cinque minuti per decidere che colore assegnare, cinque minuti per decidere le priorità di accesso all'ambulatorio medico di quel paziente rispetto agli altri.

Cinque minuti per rilevare parametri vitali, segni e sintomi che servono ad inquadrare il problema, cinque minuti, all’occorrenza, per eseguire un Ecg, un’Ega, somministrare ossigeno e anche la terapia del dolore.

Questo è in media il tempo che ha a disposizione un infermiere per assegnare un codice di priorità ad un paziente che accede in Pronto soccorso. Ma facciamo un passo indietro: dove nasce il Triage?

Il Triage in origine non è nato per gestire il sovraffollamento dei Pronto soccorso, questo è avvenuto in un secondo momento.

Il Triage come lo consideriamo oggi è un'evoluzione del soccorso extraospedaliero. Questo, a sua volta, ha origine dalla sanità militare.

Storicamente la parola Triage venne utilizzata per la prima volta durante le guerre condotte da Napoleone, quando il chirurgo capo dell'armata francese, barone Jean Dominique Larrey, organizzò i soccorsi ai soldati feriti sul campo di battaglia, scegliendo di soccorrere per primi quelli con lesioni meno gravi e quindi più rapidamente recuperabili per la battaglia.

Nella sua versione moderna il Triage infermieristico prende corpo negli anni '60 negli Stati Uniti. L'aumento progressivo dei pazienti che affluivano in PS, conseguenza di un'ampia quota di popolazione priva di assicurazione sanitaria, portò i tempi di attesa medi superiori a 6 ore, con picchi fino a 16-17 ore. Questa situazione di sovraffollamento è andata generalizzandosi a tutti i paesi industrializzati, con una tendenza in costante aumento.

Buona parte di questi pazienti non presenta vere urgenze e il sovraffollamento che ne deriva può comportare ritardi per gli utenti che hanno bisogno di un tempestivo intervento medico.

Il sistema Triage, c'è da precisare, non comporta un risparmio sulla quantità totale dei tempi di attesa, ma opera solo una ridistribuzione in favore di chi è più grave a svantaggio di chi non avrà comunque danno da un tempo maggiore di attesa.

Valutazione di Triage, le variabili che interferiscono con la codifica

La valutazione di Triage è alla base del processo di Nursing e del processo decisionale, guida la decisione di Triage e può significativamente influenzare i risultati dell’assistenza.

L’attività di Triage è un insieme molto complesso ed articolato di attività infermieristiche che hanno come fine ultimo quello di attribuire un codice di gravità (decisione di Triage) per ogni utente che accede al Pronto soccorso, identificando immediatamente i pazienti in pericolo di vita.

I punti di forza del professionista sono le conoscenze acquisite durante il percorso formativo, le abilità specifiche certificate, la conoscenza della metodologia di valutazione (ed anche come, dove e quando registrare), la capacità di applicarla in maniera critica, la responsabilità delle rivalutazioni (documentare ed aggiornare la situazione clinica del paziente ogni qualvolta si effettua la rivalutazione), la conoscenza di come e quando applicare i protocolli in uso al servizio.

Se la pianificazione e gli interventi sono basati su dati non accurati e/o incompleti, vi possono essere risultati a rischio per il paziente.

Inoltre, il dover espletare azioni improprie contestualmente al processo di Triage (spesso per via di carenza di personale preposto) può influire negativamente sul processo di Triage stesso, innalzando il rischio di errore. Si pensi, ad esempio a quando l'infermiere triagista è costretto a:

  • fornire informazioni di servizio
  • svolgere funzioni proprie del centralinista
  • smistare pazienti non di Pronto soccorso
  • svolgere funzioni di pubblica sicurezza

Il Ministero della Salute nel febbraio 2013 ha emanato la Raccomandazione n. 15 per prevenire la morte o grave danno conseguente a una scorretta attribuzione del codice del triage, sia della centrale operativa 118, sia all'interno del Pronto soccorso.

La Raccomandazione vuole porre l'attenzione all'insorgenza degli eventi avversi conseguenti all'errata attribuzione del codice triage.

Grande importanza viene data alla predisposizione di protocolli e procedure basate su Evidence Based Medicine o Evidence Based Nursing, l'identificazione certa del paziente per evitare errori di omissione di atti di ufficio, la rivalutazione, che permette l'eventuale correzione di precedenti errori di valutazione, la formazione e l’addestramento continuo del personale.

L'esperienza del triagista associata al rispetto di linee guida e protocolli standardizzati per il Triage può aiutare l'infermiere a non incorrere in errori di valutazione. Qualora la prima valutazione non sia corretta, le rivalutazioni continue del paziente possono essere un'arma di difesa e di aiuto per l'infermiere, che può rivedere l'assegnazione del codice colore.

Anche l'instaurazione di un rapporto fiduciario con il paziente o con il caregiver può essere d'aiuto al professionista, che potrà trovare la collaborazione dell'utenza nella tempestiva comunicazione di eventuali cambiamenti dello stato di salute del paziente.

Ultimo, ma non per importanza, l'occhio clinico e il colpo d'occhio sulla sala d'attesa per rivalutare visivamente situazioni cliniche in continua evoluzione, ma in questo caso solo l'esperienza può essere d'aiuto.

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