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Un importante indicatore della performance del soccorso sanitario pre-ospedaliero è rappresentato dal tempo di arrivo dell’ambulanza nel luogo dell’evento. Questa tempistica è codificata da un apposito LEA (Livello essenziale di assistenza). È bene sottolineare come la velocità delle ambulanze possa essere fondamentale, ma lo può essere altrettanto la capacità dei cittadini di saper affrontare con cognizione di causa il periodo che intercorre fra il momento del malore e l’arrivo del 118, seguendo scrupolosamente le istruzioni pre-arrivo fornite dall’infermiere della centrale operativa.
Ambulanza e 118, come sono regolati i tempi di intervento

Il primo mezzo di soccorso deve raggiungere il luogo dell'evento nel giro di 18 minuti
Nel momento in cui l’infermiere di centrale operativa risponde ad un utente che chiama il 118, parte un timer virtuale che detta i tempi della telefonata. Questo in quanto, se la chiamata viene codificata come codice giallo o rosso, il primo mezzo di soccorso deve raggiungere il luogo dell’evento nel giro di 18 minuti dal momento della risposta telefonica; inoltre, indipendentemente dal codice colore assegnato, l’equipaggio deve partire entro massimo 120 secondi da questo particolare momento.
In riferimento ai 18 minuti, questa tempistica è prevista a livello nazionale e compresa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); ciascuna regione, dunque, è richiamata a garantirli.
Per quanto riguarda i 120 secondi, questa tempistica può essere flessibile: ad esempio, come riportato nell’Allegato C alla DGR n. 1515 del 29 ottobre 2015 della Regione Veneto, “il tempo di uscita (dalla ricezione dell’allarme alla partenza del mezzo) deve essere inferiore a 120 secondi, salvo il caso in cui non sia diversamente stabilito dal contratto in essere con l’Azienda (al 95° percentile)”.
Tempistiche interventi ambulanza, regioni a confronto
Analizzando i dati disponibili, queste tempistiche manifestano alcune differenze tra le varie regioni, sottolineando l’esigenza di indagare e promuovere costantemente l’equità del sistema a garanzia del superamento delle disuguaglianze sanitarie, sociali e territoriali.
Se si analizzano i dati sotto un altro punto di vista, cioè valutando le caratteristiche orografiche del territorio, si intuisce che le risposte differenziate sono dovute anche alla distribuzione, all’addestramento degli operatori, al tipo dei mezzi di soccorso in uso.
Tuttavia, è ancora presente su molti aspetti dell’assistenza sanitaria un forte divario tra le Regioni meridionali e quelle centro-settentrionali e all’interno di queste ultime persistono aree disagiate sotto il profilo dei servizi sanitari disponibili.
Generalmente, come si legge su una recente inchiesta condotta da Repubblica, nel meridione le chiamate al 118 sono meno che al Centro-nord.
Questo fatto può avere due spiegazioni: la prima ha a che fare con un problema di raccolta dei dati, che in certi casi potrebbero non essere completi; la seconda tira in ballo la sfiducia nel sistema di emergenza che spingerebbe molte persone a recarsi da sole al Pronto soccorso. Il 118, inoltre, in alcune zone italiane soffre anche di una considerevole e cronica carenza di personale.
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