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Emergenza-Urgenza

Cos'è un defibrillatore, com'è fatto e come si usa

di Mauro Salvato

Extraospedaliera

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Il defibrillatore è un dispositivo salvavita che riconosce le alterazioni del ritmo della frequenza cardiaca e di erogare - se necessario e possibile - una scarica elettrica al cuore, azzerandone il battito e, successivamente, ristabilendone il ritmo. Un defibrillatore, generalmente, è composto da due elettrodi che devono essere posizionati sul torace del paziente (uno a destra e uno a sinistra del cuore ) e da una parte centrale dedicata all’analisi dei dati da essi trasmessi. Sono quattro le principali tipologie: defibrillatore manuale, defibrillatore semiautomatico esterno (DAE), defibrallatore automatico esterno e interno.

Tipologie di defibrillatori, dispositivi salvavita

Defibrillatore automatico esterno

Un defibrillatore semiautomatico esterno (DAE)

Il primo defibrillatore portatile fu costruito in Irlanda del Nord sotto la direzione di Frank Pantridge e diede risultati molto incoraggianti sin da subito, soprattutto in ambiente extra-ospedaliero. L’unico problema era dato dal suo peso, che risultava essere di circa 50 kg, quindi difficile da trasportare.

Man mano, col passare degli anni, il peso si è abbassato progressivamente sino ad arrivare ai 1/2 kg dei nostri giorni.

Ogni anno, in Italia, sono circa 57.000 le persone colpite da arresto cardiaco e l’utilizzo del defibrillatore in tempo rapido riduce notevolmente la mortalità a breve e a lungo termine.

L’importanza del fattore tempo ce lo rivelano i numeri; infatti per ogni minuto che passa, dopo un arresto cardiaco, la possibilità di sopravvivenza si riduce del 10 % se l’aritmia “maligna” non viene trattata con defibrillazione.

Grazie alla legge n° 120 del 2001 chiunque sappia usare il defibrillatore semiautomatico può intervenire ripristinando il ritmo cardiaco, in sicurezza, in attesa dei soccorsi; infatti, ormai, piazze, strutture pubbliche e non, sono dotate di colonnine salva vita contenenti il DAE (Defibrillatore Automatico Esterno).

Lo scopo della defibrillazione è quella di terminare le rapide e ricorrenti onde di eccitazione attraverso la depolarizzazione simultanea di gran parte delle cellule del miocardio con una forte corrente elettrica. I pacemaker naturali del miocardio hanno così l’opportunità di ritrovare una normale attività.

Defibrillatori monofasici e bifasici

Ci sono defibrillatori monofasici e bifasici, ma vengono preferiti quelli bifasici. L’energia bifasica è caratterizzata da corrente bidirezionale che si adatta all’impedenza trans-toracica del paziente; a differenza di quella monofasica si può ottenere più energia a Joule più bassi, riducendo i danni miocardici e cerebrali.

Il tipo di onda bifasica genera un flusso di corrente bidirezionale in due fasi:

  • La prima fase, in cui la corrente percorre l’asse anodo-catodo
  • La seconda fase in cui la corrente inverte la direzione percorrendo il percorso inverso.

Oggi vengono utilizzati essenzialmente due tipi di defibrillatori:

  • Manuale
  • Semiautomatico o DAE

Defibrillatori manuali

Sono usati da personale sanitario (in Italia da un medico mentre in altri paesi anche da paramedici adeguatamente formati), utilizzabili negli ospedali, nelle ambulanze e in mezzi di soccorso avanzati.

Sono dotati di piastre rigide che erogano lo shock, di monitor per la lettura della traccia elettrocardiografica e dal regolatore di energia (in Joule).

Defibrillatore semiautomatici (DAE)

Florence Nightingale

Sono in grado di riconoscere automaticamente il segnale elettrocardiografico e permettono l’erogazione della scarica solo quando viene riconosciuto un ritmo defibrillabile.

Oggi sono disponibili defibrillatori semiautomatici che, una volta collegati opportunamente al paziente, effettuano la diagnosi del ritmo cardiaco e si predispongono ad erogare la corrente di defibrillazione qualora sia indicato; il compito dell’operatore consiste nel controllare che l’operazione avvenga in sicurezza per la vittima, per gli operatori e per gli astanti e nell’erogare la scarica, se consigliata, attraverso il pulsante apposito.

Il DAE è dotato di piastre adesive e di una voce guida che aiuta in tutti i passaggi chi ne fa uso. Molti sono dotati di una memory card in grado di memorizzare tutto l’evento e di captare e registrare le voci di chi lo utilizza.

I primi DAE usavano batterie ricaricabili, con il correlato bisogno di un’attenta manutenzione. Nell’esame di cinque Stati, la Defibrillation Working Group trovò che solamente l’8% dei soccorritori presi in esame seguivano le raccomandazioni per la manutenzione ed eseguivano correttamente la sostituzione delle batterie.

I nuovi modelli son progettati per superare tali inconvenienti con batterie al litio più affidabili, compatte, potenti, di lunga durata (anche fino a 5 anni) e praticamente prive di manutenzione.

La nuova tecnologia delle batterie ha eliminato completamente la ricarica e ha permesso di fatto ai DAE di essere sottoposti a verifiche periodiche simili a quelle degli estintori. I nuovi modelli incorporano ora un autotest ed un indicatore di stato e di ricarica delle batterie con un sistema elettronico che avverte l’operatore se è necessaria assistenza.

I defibrillatori del futuro

In un futuro, che forse potremmo dire prossimo, c’è la possibilità di far arrivare il DAE direttamente dal cielo attraverso i droni. L’impiego dei droni sembra avere un obiettivo duplice: da una parte ridurre i tempi per fare arrivare il DAE accanto al paziente e dall’altra poter evitare in qualche modo la necessità sul luogo dell’evento di personale preparato ed abilitato ad usarlo.

Ma quanto questo progetto può tradursi in realtà? Sicuramente restano delle lacune normative da colmare, soprattutto in relazione all’individuazione di chi, sul posto, si occupa di gestire l’evento in tutte le sue fasi. La strada, dunque, è ancora lunga, ma va sicuramente percorsa con competenza per poter beneficiare dei vantaggi che questa tecnologia può apportare.

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